Case editrici
Edizioni alphabeta Verlag passa in mano a Raetia. Aldo Mazza spiega il senso dell’operazione — e la sua uscita di scena: “Nasce un editore italiano e tedesco. Darò una mano, ma non farò il finto pensionato”.

Le piccole case editrici sono pluralismo” e in Sudtirolo “grazie alla legge sull’editoria abbiamo indipendenza totale dal mercato”. Perciò quella di alphabeta non è una chiusura — “non c’entra la lotta di Davide contro Golia” nel mercato editoriale sudtirolese — ma addirittura un rilancio. Parola di Aldo Mazza, fondatore e anima delle Edizioni alphabeta Verlag.

SALTO: Signor Mazza, il marchio “Edizioni alphabeta Verlag” passa a Raetia, con tutti i suoi libri e il proprio progetto editoriale. È una cesura storica nel settore dell’editoria altoatesina-sudtirolese.

Aldo Mazza: Stiamo gestendo molto bene quest’operazione, secondo me, in maniera trasparente verso l’esterno. Non è un assorbimento: Raetia prende un altro marchio con l'impegno di rispettare la “mission”, chiamiamola così, la filosofia editoriale e la politica editoriale che è particolare rispetto ad altri ed era quindi un po' un peccato farla morire. Abbiamo comunicato tutto il passaggio ai due assessorati alla cultura e c'è credibilità da parte dei soggetti che accompagnano questo processo.

Qual è la vostra eredità?

L'idea di guardare al Sudtirolo sempre complessivamente, rifiutando un po' l'etichetta “o tedesco o italiano”. Questa è stata la nostra principale caratteristica, il modo di affrontare tutte le tematiche, dalla letteratura, alla saggistica: mettere in contatto, nel tentativo di costruire questa casa comune non in maniera ideologica bensì molto concreta. Ci sono dei limiti, ovviamente, non abbiamo cambiato il mondo. Ma lavorando in modo ‘onorevole’, abbiamo cercato d’interpretare questa volontà di far leggere le stesse cose contemporaneamente, senza chiudersi nella propria bolla. Come accade quando, in alcuni media di lingua tedesca, non si vedono gli italiani come destinatari, come se non ci fossero.

Alphabeta è riuscita a muoversi tra le trincee etniche?

Abbiamo cercato di rompere questo Nebeneinander, ormai strutturale, per cui non conosci l’altro, e di tenere aperta una via di comunicazione, un ponte. Nelle nostre scelte c’era sempre la volontà di affiancare, per esempio, un autore di lingua tedesca a uno di lingua italiana, come nel caso delle “camicie nere” di Hannes Obermair e Maurizio Ferrandi. 

E poi scoprire, dare un volto, offrire uno spazio e delle pagine alla letteratura locale…

Prima di tutto offrendo una piattaforma per gli autori italiani, che erano quantitativamente “indietro”. Dal 2008-2009 abbiamo cercato d’intensificare le pubblicazioni in questo senso, compiendo però delle scelte. C'era però la difficoltà a comprendere questo nostro essere “né italiani né tedeschi”: la lingua del libro non vuol dire niente, perché un editore può pubblicare un libro in giapponese… Raetia pubblica da anni in italiano, però era un editore di lingua tedesca a tutti gli effetti, mentre noi abbiamo sempre rifiutato quest’etichetta. Nonostante ciò, a livello istituzionale c’era il timore — legittimo — di perdere un altro editore “italiano”, dopo le acquisizioni di Athesia. Ma non è la fine del marchio. 

La decisione di “cedere” la sua casa editrice è stata sofferta?

Non sono triste, anzi, non ci speravo. È un passaggio generazionale e di genere, uno “svecchiamento” generale. Io mi ritiro per limiti di età, lo dissi per tempo che a un certo punto dovevo fare i conti con la mia età e mettere una cesura. Da 15 anni faccio l’editore: con Travenbooks nel 2008 siamo entrati nella letteratura — e solo quando fai letteratura diventi un editore. La Cooperativa alpha beta è impegnata col suo “core business” che è la scuola di lingua. Senza di me, l’alternativa era chiudere o trovare una soluzione affinché la storia continuasse. Sentivo molto la responsabilità che se fossi andato via, chiudeva. Adesso darò una mano, ma non farò il finto pensionato.

 

In Sudtirolo ce la cantiamo e suoniamo, ci teniamo le nostre storie, ma abbiamo ancora molte cose da dire — anche verso l'Italia. C’è un know-how del territorio, viviamo i due mondi, riusciamo a far dialogare due letterature, a tradurle. Tale competenza non viene spesa abbastanza

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Giancarlo Riccio Ven, 12/15/2023 - 17:20

Grazie ovviamente ad Aldo per molti motivi. E grandi auspici alla convivenza, con alcune gerarchie che dovranno essere rispettate ma ok così, tra Raetia e Alphabeta.
Una delle grandi sfide future, finora non vinte, riguarderà però la comunicazione sui nuovi titoli e non solo. Le testate giornalistiche locali seguono come possono e croniste e cronisti si spendono con generosità. Ma, appunto, le strategie editoriali non sono solo un fatto di cronaca e vanno interpretate e approfondite. Altrimenti di questa convivenza Raetia- Alphabeta si scriverà solo copiando i comunicati stampa ufficiali o registrando qualche veloce riflessione degli attori in campo. Lettrici e lettori, ascoltatrici e ascoltatori (più le stesse persone che lavorano in queste case editrici) non meritano forse di più? Più notizie, più commenti e qualche sano dubbio ma costruttivo. Sia chiaro, questa non è una autocandidatura. Oltre tutto Ho già qualche piccolo impegno. Scrivo regolarmente per il supplemento culturale del primo quotidiano italiano, ho in cantiere tre libri per fine 2024. E, soprattutto, vorrei ritrovare con mia moglie tra qualche mese quel gattino cucciolo incontrato nella nostra isoletta greca preferita lo scorso giugno. Chissà quanti libri avrà letto anche lui, tra quelli che gli abbiamo lasciato....Einen guten Rutsch in 2024 a tutte e a tutti.

Ven, 12/15/2023 - 17:20 Collegamento permanente
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Giancarlo Riccio Sab, 12/16/2023 - 13:29

Il mio testo qui sopra, scritto in italiano solo perchè tra le lingue che conosco è la mia Muttersprache,
è stato tradotto in modo spregevole da un meccanismo automatico. Confido che il mio modesto pensiero sia comunque almeno in parte comprensibile a lettrici e lettori del nostro Salto.Bz.

Sab, 12/16/2023 - 13:29 Collegamento permanente