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△rtim post Mo., 07.01.2019 - 02:29

Wunderbarer Paolo Rumiz!
Fehlgriff Patrick Rinas mit seinem "Blut und Boden"-Zitat und Zuschreibung auf das aktuelle Südtirol. Einfach nur unwürdig und zutiefst verletzend diese (geschichtsvergessene) Aussage.
Denn gerade den Verlust der Tiroler ihrer angestammten Heimat deklarierte Hitler 1938 als seinen "unerschütterlichen Willen" und als sein "Vermächtnis an das deutsche Volk."

Mo., 07.01.2019 - 02:29 Permalink
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Massimo Mollica Mo., 07.01.2019 - 09:59

Intervista bella e interessantissima. Non condivido del tutto la sua visione. Con la frase "La contrapposizione etnica è la grande scappatoia di chi non sa risolvere i problemi di carattere economico e sociale del nostro tempo. " ci vedo la Lega ma allora dico che in Alto Adige Südtirol non dovrebbe esserci perché stiamo tutti benissimo!
Comunque ci ho riflettuto: per me l' Heimat è l' Umanità (Menschheit)!

Mo., 07.01.2019 - 09:59 Permalink
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luigi spagnolli Mo., 07.01.2019 - 10:04

Paolo Rumiz parla sempre chiaro. È assolutamente vero che una memoria condivisa non la vuole nessuno: perché non conviene a nessuno. Non conviene ai singoli cittadini, perché non risolve nessun problema tangibile, anzi ribalta i presupposti dei luoghi comuni e degli automatismi su cui si fondano, nella gran parte, i rapporti interpersonali. Non conviene ai partiti, che prendono i voti sulle contrapposiziono e non sulle alleanze. Non conviene a chi produce cultura, perché gli complica terribilmente la vita. Ciò non toglie che di una memoria condivisa c'è bisogno per disinnescare la microconflittualità etnica, fondata sulla paura del diverso: microconflittualità etnica che è come la goccia della stalagmite, nel lungo periodo produce sassi che limitano ogni tipo di convivenza.
Quindi la memoria condivisa va continuamente ricercata: come in altri settori della vita pubblica, anche in questo chi governa deve fare qualcosa di impopolare: difficilissimo, nel tempo della verifica quotidiana dei sondaggi da parte di chi amministra.
Una considerazione sullo spartiacque come frontiera fra le nazioni: non dimentichiamo che 100 anni fa si era ormai capito benissimo il potenziale di ricchezza e di benessere legato alla produzione di energia (idro)elettrica. Gli strateghi dell'economia, a Roma, avevano ben chiaro il piano di sviluppo degli impianti che avrebbero sfruttato acqua e dislivelli per produrre energia. Il confine sullo spartiacque consentiva di non dover poi discutere con altri su come dividere i proventi e l'energia prodotta - non c'era ancora il libero mercato, allora -. L'idea dello spartiacque come confine era dunque molto meno poetica di come ce la insegnarono a scuola...

Mo., 07.01.2019 - 10:04 Permalink