Regione
Il presidente del Consiglio regionale Roberto Paccher (Lega) difende il ddl sulla pensione ai consiglieri: “Nessun nuovo vitalizio, con la gestione pubblica c'è un risparmio”.

SALTO: Presidente Paccher, si parla molto del suo disegno di legge sulla cosiddetta “indennità differita”. A dieci anni dallo “scandalo vitalizi”, infatti, col suo ddl la Regione Trentino-Alto Adige riprenderebbe in mano  (di tasca propria) la gestione dei contributi previdenziali dei consiglieri e delle consigliere regionali. Tornano i privilegi per “la casta”?

Roberto Paccher. È nata una polemica che trovo fuori luogo. Non stiamo reintroducendo alcun vitalizio, né vogliamo ripristinare dei privilegi. Dal 2014 ad oggi esiste un sistema di previdenza complementare: esso prevede che il Consiglio regionale ovvero la Regione mensilmente versi una quota di previdenza complementare su un fondo indicato dal Consigliere a inizio legislatura mentre un'altra quota la versa il Consigliere. Quindi adesso non andiamo ad aumentare le spese, con costi o contribuzioni maggiori rispetto a prima.

Allora perché era necessaria questa modifica legislativa?

La differenza sta tutta in questo fatto: con questo disegno di legge ci uniformiamo alla stragrande maggioranza delle altre Regioni d’Italia. Tolta la Valle d’Aosta, infatti, tutte hanno il sistema che ho proposto. Sia la scorsa legislatura che in questa c'era stata da parte di varie forze politiche la convergenza su quest’ipotesi, per far sì che tali somme non vengano gestite da fondi privati, bensì trattenute nel bilancio della Regione. E poi, su base esclusivamente e rigorosamente contributiva, al raggiungimento dell'età pensionabile venga erogata la prestazione maturata.

La CGIL sostiene che basteranno cinque anni in Consiglio regionale, anche non continuativi, per poter andare in pensione…

I sindacati dicono una grandissima inesattezza. È con il sistema previdenziale attuale che in cinque anni si va in pensione — anzi, anche con un solo anno. Basta aprire un fondo pensione, si versano delle somme e al raggiungimento dell'età pensionabile il montante contributivo determina la rendita vitalizia. Questo succede già dal 2014 ad oggi: ora non si tratta che spostare questa gestione nelle casse della Regione.

Perché farlo, allora?

Perché nelle altre Regioni è intervenuta la Corte dei Conti, che faceva presente la necessità di gestire le risorse pubbliche da parte del pubblico. Perché questa riforma evita la spesa attuale — costante, immediata e anticipata — della quota mensile di ogni consigliere e della quota a carico del Consiglio regionale. Questo denaro non uscirà più per andare in fondi privati, ma saranno solamente messi in bilancio e poi nel momento in cui il consigliere ha raggiunto l’età pensionabile daremo seguito a una ripartizione su base contributiva. 

E quindi, ribadisce, non sarà un nuovo vitalizio?

Non assomiglia per niente al vecchio vitalizio: dove, a fronte di un mandato, veniva erogato un vitalizio per tutta la vita, indipendentemente dai contributi versati. Qui si sta parlando di come gestire i soldi che vengono calcolati per il consigliere. Uno ce l'ha con Raiffeisen, chi con Reale Mutua, chi con Generali, chi con Pensplan o Laborfons… Qui invece si faranno gestire al Consiglio regionale e alla Regione tali somme, senza generare un flusso di denaro costante di milioni di euro su soggetti privati — che poi a loro volta erogano quello che può dare la Regione. Respingo al mittente l’accusa di creare dei privilegi: si sta solo parlando di far gestire al pubblico i soldi relativi alla previdenza complementare dei consiglieri.

Le opposizioni si sono scagliate contro la riforma, PD in testa. Mentre sul T quotidiano, la consigliera dell'INPS Luisa Gnecchi (PD) le dà ragione.

Non solo Luisa Gnecchi, bensì le Regioni governate dal centrosinistra che l’hanno già adottata prima di noi, senza stracciarsi le vesti. È lo stesso centrosinistra che si scaglia contro. Non c'è niente di politico, perciò credevo che una scelta di legge come questa passasse veramente inosservata. Se non è condivisa si faranno le valutazioni e si deciderà cosa fare, il Consiglio regionale è sovrano e deciderà.

 

Non si tratta infatti di un problema politico, ripeto, ma di una questione tecnica. 

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