Politik | Medienförderung

“Non isoliamo le community”

La consigliera provinciale Brigitte Foppa (Verdi) sui criteri provinciali di finanziamento ai media – e il potere dei commenti online: “Limitarne l'accesso è controproducente. Ma c'è chi commenta gli articoli senza nemmeno leggerli”.
Brigitte Foppa
Foto:  Seehauserfoto
  • SALTO: Consigliera Foppa, cosa cambia concretamente con i nuovi criteri di finanziamento ai media locali stabiliti dalla Provincia?

    Brigitte Foppa: Il punto centrale è che per accedere ai commenti sotto un articolo non basterà essere dei semplici lettori: bisognerà registrarsi. Non solo per scrivere, ma anche per leggere la community. Ciò significa che i commenti vengono nascosti agli occhi dei non registrati e non saranno più indicizzati dai motori di ricerca.

    La motivazione ufficiale è il contrasto ai commenti, diciamo, incivili. È una preoccupazione legittima?

    Sì, la questione è reale. La paragono a una malattia, quella del “commento incivile” appunto. Sulla diagnosi siamo tutti d’accordo: questi commenti non solo impoveriscono la discussione, ma sminuiscono il tema e chi vi partecipa, delegittimano chi si espone – e in particolare colpiscono le donne. Servono solo a far sfogare chi non ha più altri luoghi in cui farlo – com’era un tempo il banco del bar.

    Quindi non è contraria all’idea di regolamentare i commenti?

    Sono favorevole a intervenire, ma non in questo modo. È una medicina senza senso. Secondo l’idea iniziale, identificarsi con nome e cognome porterebbe a un’autoregolamentazione, ma bisogna tenere conto del nostro contesto: una società controllata e a maglie strette.

    In che termini?

    In Sudtirolo ci conosciamo tutti e dipendiamo dagli altri – a partire dall’amministratore pubblico per un permesso. In un contesto del genere, chiedere a tutti di esporsi pubblicamente limita la libertà di espressione. Sebbene io sia per il coraggio civile, ovvero per dichiararsi mettendoci la faccia, ho accolto l’obiezione secondo cui non tutti possono permetterselo.

    Quali sono i rischi con questa misura?

    È che si creino delle “community chiuse” e autoreferenziali, dove mancano interventi di sbieco, saltuari, che “sanifichino” il dibattito. Se sempre le stesse persone si commentano addosso, il medium perde qualità. È una dinamica che la letteratura già descrive: quando uno spazio digitale viene frequentato solo da pochi habitué, che finiscono per insultarsi già al quarto messaggio, s’innesca una rapida degenerazione del media abbandonato a se stesso. Gli altri, scoraggiati, staranno zitti. La registrazione è una misura “ammazza-community”.

    E quale sarebbe allora la via giusta?

    Servono due leve d’intervento: il lavoro culturale sulla libertà d’espressione – educando al dissenso – e l’indispensabile lavoro di moderazione. Anche nei dibattiti politici, ad esempio nei parlamenti, c’è sempre bisogno di chi modera. Lo stesso vale online.

     

    La cultura del commento è di per se apprezzabile: i politici ricevono dei feedback, è un'evoluzione molto più immediata dei vecchi Leserbriefe.

     

    Cosa pensa della decisione di SALTO di rinunciare ai contributi pubblici per mantenere accessibili ai lettori i commenti?

    Capisco l’intento di tenere aperta la community e apprezzo il tentativo di mantenere aperto il dibattito pubblico anziché confinarlo a cinque nerds. La cultura del commento è di per se apprezzabile: ad esempio per noi politici è un modo di ricevere dei feedback, è una evoluzione molto più immediata dei vecchi Leserbriefe. C’è un’interazione, che può anche aiutare a integrare o correggere un articolo, e così senti pulsare l’opinione pubblica.

    Lei ha raccontato di aver contattato personalmente alcuni commentatori che l’avevano insultata online. Cosa ha scoperto?

    Rispondo spesso alle sollecitazioni esterne. Dopo un’ondata di insulti per un mio intervento, avevo deciso d’individuare le persone che mi avevano aggredita verbalmente. Sono andata a suonare alla loro porta, e le stesse persone che mi avevano augurato cose terribili, m’hanno subito fatta entrare in casa, offerto da bere, erano tutte disposti a interagire. A una signora, che mi aveva augurato la morte, ho domandato se avesse almeno letto l’articolo che l’aveva fatta tanto arrabbiare: ha risposto di no. Non aveva letto nemmeno il titolo, aveva letto solo i commenti, e si era sentita confermata grazie ai molti like. Lì mi si è aperto un mondo, ho capito qual è il grande potere dei commenti e cosa fa brillare nelle persone. Questo meccanismo è molto legato alla gratificazione, al sentirsi visti, e genera una dipendenza. Lo facciamo tutti, in fondo, scriviamo e siamo contenti se qualcuno risponde.

    Quindi i commenti sui siti hanno ancora un valore? Anche ora che molta discussione si è spostata sui social?

    Sì, ma c’è una diversa qualità tra chi va a commentare sui social e chi sui media online come SALTO. Sulla mia pagina Instagram ho il controllo completo: posso moderare, indirizzare la conversazione, cancellarla, bloccare. Su una testata giornalistica, invece, il potere è del/la giornalista. Lì sono una lettrice e una commentatrice tra le altre, ed è giusto così. Lo trovo uno spazio più egalitario, con un valore informativo più alto, anche perché il contenuto parte da un/a giornalista.

    In conclusione, come giudica il nuovo regolamento?

    Capisco la frustrazione e la voglia di reagire di chi si sente aggredito nei commenti, ma la politica così reagisce facendo la vittima. E questa norma è una risposta imperfetta a un problema reale.

  • La campagna

    Pluralismo e libero scambio di opinioni – è questo che rappresenta SALTO. I nuovi requisiti del programma di sovvenzione dei media altoatesini mettono in discussione questi valori fondamentali. Pertanto, rinunciamo ai contributi provinciali. L'importo in questione è di circa 15.000 euro. 


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